Linee guida pillola abortiva. La riflessione del CAV

Linee guida pillola abortiva. La riflessione del CAV

gravidanzaIl CAV (Centro di Aiuto alla Vita) di Cassano allo Ionio interviene sulle linee guida riguardo l’utilizzo della pillola abortiva recentemente modificate dal Ministero della Salute. Lo fa tramite una riflessione scritta e resa pubblica dalla sua presidente, Rosella Maria Antonelli che riportiamo di seguito.

Il Ministro della Salute ha recentemente modificato le linee guida per l’utilizzo della pillola abortiva RU486. Le novità rispetto al passato sono due: lo spostamento fino a 9 settimane per l’assunzione della pillola e l’eliminazione dell’obbligo di ricovero per la donna, con la possibilità di assumere l’RU486 in regime di day hospital o nei consultori. Estendere l’assunzione dell’RU486 fino alla nona settimana è pretestuoso, in quanto dopo 49-50 giorni diminuisce la sua efficacia in modo importante. L’aborto, anche se verbalmente ridotto alla asettica sigla IVG, è sempre l’uccisione di un essere umano nella fase prenatale della sua vita. La legge 194 del 1978 ha legalizzato l’aborto in Italia per toglierlo dalla sfera del privato e della clandestinità e, secondo l’art. 1 della stessa legge, esso non deve essere un mezzo di controllo delle nascite; si prevede inoltre l’impegno a cercare soluzioni ai problemi per rimuovere le cause che porterebbero la donna all’interruzione della gravidanza.

È evidente che la diffusione dell’aborto farmacologico, vuole impedire lo sguardo sul concepito, spostando l’attenzione sulla falsa non invasività del mezzo abortivo(tra l’altro non c’è nulla di più invasivo che uccidere una vita umana), rendendolo un fatto banale (basta bere un bicchiere d’acqua) e privato (basta essere nel bagno di casa), salvo poi dover chiamare il 118 per correre in Pronto Soccorso per un’emorragia irrefrenabile. Con queste nuove indicazioni quale sarebbe la libertà conquistata dalla donna? Quella di abortire tra il letto e il bagno di casa…quella di tornare ad essere sola di fronte all’atto più drammatico che una donna può intraprendere?

La diffusione dell’aborto con RU486 risponde alla logica economista,efficentista, utilitarista (niente più ricovero), un amarissimo risparmio sulla pelle delle donne (la mortalità con l’aborto chimico è 10 volte superiore e gli eventi avversi più frequenti rispetto a quello chirurgico). Tutto torna nella sfera del privato femminile, ed è la donna, solo la donna, ad aver a che fare con il dolore fisico e psicologico, la paura, l’incertezza, il sangue, la necessità di controllare l’emorragia e riconoscere l’embrione espulso. È questo che chiedono le donne? È solo questo ciò che sa offrire uno Stato che dice di avere a cuore la salute delle donne? Rinunciare a punire l’aborto, non significa rinunciare a difendere il diritto alla vita con mezzi di più alto profilo e maggiore efficacia. In questa prospettiva sarebbe davvero urgente e indispensabile una riforma dei consultori pubblici (nati per la “tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento”), sul modello dei Centri di Aiuto alla Vita. È più difficile e impegnativo, certo, ma sarebbe la risposta a ciò che è scritto nel profondo del cuore di ogni donna: essere libera dai condizionamenti, dalle pressioni altrui, dal senso di angoscia, smarrimento e preoccupazione e soprattutto libera dalla menzogna che dice che il concepito è solo un grumo di cellule.

Dott.ssa Rosella Maria Antonelli
Pediatra e Presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Cassano allo Ionio

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