Contributi pubblici: pubblicazione entro il 30 giugno

Contributi pubblici: pubblicazione entro il 30 giugno

trasparenza

Fra gli adempimenti in capo agli enti non profit che sono stati prorogati in questi ultimi mesi a causa dell’emergenza Covid-19, non rientra quello relativo all’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti nell’anno precedente che resta il 30 giugno 2020.

L’obbligo scatta solo nel momento in cui gli enti del Terzo Settore da un lato e le Società dall’altro abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10.000 euro: il riferimento è l’anno precedente quindi, per quest’anno, il periodo sarà quello compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2019.

Non tutte le risorse provenienti dagli enti pubblici rientrano nel computo dei 10.000 euro, ma solamente quelle relative a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.

Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione. Il fatto che siano esclusi anche i contributi “di carattere generale” porta a ritenere che le somme erogate a titolo di 5 per mille non vadano ricomprese nel computo totale.

I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura”. La Circolare del Ministero del Lavoro ha precisato che per queste ultime si intendono le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà indicare il valore del bene dichiarato dall’ente pubblico che lo ha attribuito.

Chi sono i soggetti tenuti all’adempimento?

          Tutti gli Enti di Terzo Settore (ETS);

          Imprese

Entro quando devono essere pubblicati i contributi?

30 giugno 2020

Quali contributi rientrano in quelli soggetti all’obbligo di pubblicazione?

L’obbligo scatta solo nel momento in cui associazioni, fondazioni e Onlus da un lato, società dall’altro, abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10.000 euro dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019.

Cosa si intende per contributi pubblici?

Rientrano nei contributi di natura pubblica: “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.

Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione. Il fatto che siano esclusi anche i contributi “di carattere generale” porta a ritenere che le somme erogate a titolo di 5 per mille non vadano ricomprese nel computo totale.

I contributi devono essere solo in denaro?

I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura. La Circolare del Ministero del Lavoro ha precisato che per queste ultime si intendono le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà indicare il valore del bene dichiarato dall’ente pubblico che lo ha attribuito.

I 10.000 euro ricevuti dalla Pubblica amministrazione, per essere soggetti ad obbligo di pubblicazione, devono essere erogati in formadi contributo singolo?

La Circolare ministeriale ha chiarito che il limite dei 10.000 deve essere inteso in senso cumulativo, riferendosi al totale degli apporti pubblici ricevuti e non alla singola erogazione: esemplificando, se l’ente ha ricevuto durante l’anno contributi su due distinte progettualità da 9.000 euro ciascuna (da due differenti enti pubblici), il limite dei 10.000 euro è superato e scatta quindi l’obbligo di pubblicazione di tali somme.

Quali sono le informazioni da pubblicare?

·         la denominazione e il codice fiscale del soggetto ricevente (l’associazione);

·         la denominazione del soggetto erogante (la pubblica amministrazione);

·         la somma incassata (per ogni singolo rapporto);

·         la data di incasso;

·         la causale (cioè la descrizione relativa al motivo per cui tali somme sono state erogate: ad esempio, come liberalità oppure come contributo in relazione ad un progetto specifico presentato dall’ente)

Dove si devono pubblicare i contributi?

        Gli ETS:in base alla circolare possono pubblicare i contributi ricevuti sul proprio sito internet oppure su “analogo portale digitale”. Per le organizzazioni che non hanno il sito internet, è possibile utilizzare la pagina Facebook dell’ente. Qualora l’organizzazione non avesse nemmeno la pagina Facebook, l’obbligo può comunque essere adempiuto pubblicando i contributi sul sito internet della rete associativa alla quale l’ente aderisce.

        Le società (comprese le cooperative sociali e le imprese sociali in forma societaria): sono tenute a pubblicare le stesse informazioni nella nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato. Il termine è quello ordinario previsto per l’approvazione del bilancio

Sono previste sanzioni in caso di mancata pubblicazione?

Come conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione è prevista (anche per le associazioni, le fondazioni e le Onlus) in prima battuta una sanzione economica pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2.000 euro, oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. Passati 90 giorni se l’organizzazione non provvede alla pubblicazione e al pagamento della sanzione, si avrà un’ulteriore sanzione consistente nella restituzione integrale delle somme ricevute.

Il soggetto competente a disporre tali sanzioni sarà la pubblica amministrazione che ha erogato il beneficio.

Articolo precedente 30 giugno: proroga anche per il modello EAS